Negli ultimi periodi, ho la sensazione sempre più spiccata, che il termine compulsivo è diventato modaiolo. In genere non è isolato m...
Negli ultimi periodi, ho la sensazione sempre più spiccata, che il termine compulsivo è diventato modaiolo. In genere non è isolato ma viaggia quasi sempre a braccetto con l’altro termine (ossessivo) tanto caro agli psico-neologistofili, spacciatori di disturbi.
Come ho già affermato nell’articolo che ho scritto su Divento.it dal titolo “Dislessia, Dislessico, parole abusate”
Paul Watzlawick: (uno dei padri della terapia breve strategica e della psicologia moderna) nel suo libro “Guardarsi dentro rende ciechi” ci mise ben in guardia dall’usare termini diagnostici, anzi riteneva decisamente utile abbandonare i termini diagnostici delle malattie o patologia (da pathos=dolore, sofferenza) mentali e continua scrivendo:
Non dovremmo dire: costui è schizofrenico. (Nota di Luca: o
ossessivo – complulsivo)
Dovremmo dire: questa è una persona che soffre, vediamo come possiamo
alleviarne la sofferenza.
Sempre a patto che la persona stia veramente soffrendo.
Faccio degli esempi:
- leggo che Portnoy (noto per essere l’ex batterista dei Dream Theater gruppo di riferimento della scena metal e rock progressive), non so se ironicamente, si definisce ossessivo-compulsivo per quanto riguarda la precisione e cura nei suoi progetti musicali;
- ed oggi leggo
Frank Merenda (noto
per i suoi corsi sulle tecniche di vendita), descrivere come “noi”
acquistiamo spinti dalla “speranza compulsiva di stare meglio
acquistando prodotti e servizi”;
- ed ancora posso aggiungere che ho sentito usare questo termine per radio, in televisione e via dicendo, altre volte.
Ora essendo un estimatore dell’etimologia, come àncora di salvezza per la
mente, per chi desidera ripulire il proprio linguaggio e pensiero dalle paludi
della comunicazione fuffosa, cioè quella comunicazione priva della
consapevolezza del significato dei termini che usa; solerte vado a
vedere l’etimo di compulsivo. Perché spinto dal desiderio
di cercare di capire se questo termine viene usato correttamente, oppure
come disse molto bene ironicamente, una mia cara amica anni or sono,
rientra nell’uso delle “parole dette a caso” (senza conoscerne il significato,
la semantica).
Seguitemi in questa ricerca semantica, zaino in spalla, e si parte.
Compulsivo deriva da compulsare, e già senza dover andare in un dizionario etimologico possiamo vedere che è composto da “com” che deriva da “cum=insieme” e “pulsare“, quindi compulsare letteralmente vuol dire “pulsare insieme”. A questo punto vedo nel dizionario etimologico che compulsare deriva dal latino, e pulsare veniva usato al pari di spingere, e nel caso specifico veniva usato nel “foro”, quindi oggi diremmo come termine giuridico, con il significato di “spingere qualcuno a comparire in giudizio“.
Su vocabolario della Treccani ritengo che troviamo il primo indizio di mutazione semantica.
Treccani cita come fonte il francese “compulsar” sign. mediev. di compulsare «esigere che sian prodotti in giudizio dei documenti» (e non più persone).
Credo che il motivo per il quale cita il francese (senza dichiararne le fonti bibliografiche storiche purtroppo) invece del ben più antico latino, sia determinato dal fatto che negli ultimi secoli il francese è stata la lingua internazionale del commercio, e soprattutto (come accade ancora in alcuni casi) la lingua internazionale del diritto (oggi è quasi sempre usato l’inglese).
Treccani poi riporta come significato (e qui siamo al seconda mutazione semantica)
Esaminare attentamente, consultare con diligenza stampe, manoscritti, documenti per compiere una determinata ricerca: ho compulsato tutti i vocabolari e le enciclopedie.
Ecco che il significato passa dall’azione dalla richiesta di comparire in giudizio, all’azione di consultare con diligenza stampe, manoscritti e documenti.
Attenzione fino a qui la “patologia” ancora non esiste.
Dovremo aspettare la comparsa degli psico-neologistofili, spacciatori di disturbi, per vedere comparire la terza mutazione semantica. Infatti ora troviamo sempre su Treccani la seguente definizione:
compulsivo agg. [der. di compulsione]. – In psichiatria, di impulso, comportamento, atto e sim., che viene eseguito da un soggetto in modo macchinale e infrenabile, come sintomo di una varietà di disturbi del comportamento e neurologici: è affetto da disturbo ossessivo compulsivo.
Il quarto salto semantico a mio avviso è questo modaiolo, che sdogana il termine compulsivo o i termini ossessivo-compulsivo come sinonimi di pignoleria, cura, indole, abitudine, consuetudine, smània (da manìa, qui vediamo già una prima invasione psico-neologista), e via dicendo.
Visto che ci siamo ritengo sia il caso di vedere anche l’etimo di ossessivo.
Ossessivo deriva da ossessionare che a sua volta deriva da assediare composto da as-sediare (sedere) che deriva dal tardo latino obsidere, composto a sua volta da ob e sidere cioè ob=innanzi e sidere=sedere. Quindi: sedere davanti, ed anche accamparsi, ovvero quello che faceva un esercito quando arrivava davanti ad una città protetta da mura. Si accampava, o assediava (sedere davanti) per prepararsi all’invasione. Dato che l’invasione poteva durare anche mesi, questa attività ha preso il nome di assedio. L’attività per l’assediato, non era certo piacevole, era decisamente logorante vivere l’angoscia di una continua possibile invasione, con tutti gli effetti nefasti connessi. Quindi queste sono le radici storiche della parola ossessivo.
Scherzandoci un po’ su, possiamo dire tranquillamente con nozione di significato, che un professore seduto in cattedra, quando chiama un alunno per una interrogazione ha semanticamente ed etimologicamente un comportamento ossessivo-compulsivo. Dato che è seduto innanzi agli alunni e li spinge a comparire al suo giudizio.
Commenti Recuperati
gilberto fanfani il 09/11/2015 alle 6:58
un post accurato ed importante. Un po’ discutibile quel “guardarsi dentro rende ciechi” del bravo Watzlawick, se si pone mente che i vate più profondi e profetici erano proprio quelli ciechi. Bergoglio sembra dare ragione a Wtzlawick incoraggiando i ciechi così:”abbiate il coraggio, non chiudetevi dentro”(suggerimento ispirato al papa da Santa Lucia), in quanto potete contare oggi su una società attenta. Da Vaticans Insiders, La Stampa .it del 13.12.2014.
Eutukìa
Luca Pilolli in risposta a gilberto fanfani il 11/11/2015 alle 13:10
Gilberto grazie di aver lasciato un segno del tuo passaggio ed un tuo contributo 🙂
In riferimento a quello che hai scritto citerei questa frase che mi fu illuminante molti anni fa:
non è forte l’uomo che con il suo pensiero vuole cambiare le proprie azioni, ma è forte l’uomo che con le proprie azioni cambia il proprio pensiero.
Personalmente lo trovo molto affine alla frase “guardarsi dentro rende ciechi”.
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