Anni fa entrando nella stazione di Pescara trovai la risposta a queste due domande: perché e come sbagliamo le valutazioni fatte a mente? ...
Anni fa entrando nella stazione di Pescara trovai la risposta a queste due domande: perché e come sbagliamo le valutazioni fatte a mente?
Mi capita, a volte quando leggo dei libri, che certe domande mi restino aperte, come questa per 12 anni. Non è che in tutto questo tempo sono andato in cerca spasmodica di una risposta. Mi si accende una domanda e questa resta là, come un post-it appeso ad una parete. Poi leggendo altri libri che mi pongono questioni simili ripasso mentalmente davanti al quel post-it, a quella domanda.
La prima volta che mi domandai perché e come sbagliamo le valutazioni fu quando inizia a leggere, correva l'anno 2000, il libro di Anthony Robbins (Awake the Giant within). Anthony nel suo libro invita a scrivere una lista di cose da fare, di obiettivi da raggiungere entro 10 anni, e per sua esperienza la maggior parte di noi infila entro il primo anno la maggior parte degli obiettivi, lasciando quasi praticamente vuoti gli anni successivi. Anthony affermava che sopravvalutiamo quello che possiamo fare in 1 anno, e sottovalutiamo enormemente quello che possiamo fare in 3, 4, 5 o 10 anni.
Così ho pensato, "Grazie Anthony, farò tesoro di questa tua informazione e riformulerò la pianificazione degli obiettivi distribuendola meglio nel tempo". Però mi è rimasta la curiosità, perché Anthony non spiegava perché e come facciamo questo errore. Sapere come facciamo un errore ci permette di adottare strategie adeguate per evitare di ripeterlo in molteplici situazioni.
Come dicevo all'inizio l'altr'anno mi ritrovai ad aspettare un treno nella stazione di Pescara, ero di ritorno da una infruttuosa presentazione di lavoro. Una società mi aveva assoldato per spiegare ad una famosa ditta di Pasta italiana, cosa non funzionava nel loro sito web, e come noi avremmo potuto rifarlo meglio. Quel giorno mi fu utile per 2 motivi, primo per ricordarmi di non andare a dire cosa non funziona a chi non me l'ha chiesto, se non è stato lui a domandarmelo, anche se è stata una società terza a chiedermi di farlo. Secondo, in stazione trovai una libreria dove passai il tempo d'attesa. Li iniziai a sfogliare un libro sulla matematica, e le pagine che lessi mi furono utilissime. Mi spiegavano in modo definitivo perché e come sbagliamo le stime quando le facciamo a mente!
Lessi nelle prime pagine del Libro che degli studiosi avevano scoperto come le popolazioni primitive (quelle ancora esistenti sulla terra) percepiscono i numeri. Per loro la distanza tra 1 e 2 era maggiore che tra 2 e 3 o tra 4 e 5, invece di essere uguale (come oggi usiamo pensare). E quella di 4 e 5 era maggiore di 8 e 9 e così via. Come mai? Il motivo sembrerebbe essere causato da come vediamo le cose, cioè da come vediamo in modo prospettico. Infatti se ci poniamo davanti una serie di sassi a distanza più o meno regolare, la distanza tra il primo e il secondo ci appare molto più grande che tra il secondo e il terzo, e così via.
La nostra percezione dei numeri e delle grandezze oggi pertanto è culturale, non esperienziale, nemmeno istintiva.
A scuola ci hanno insegnato in aritmetica e geometria che la distanza tra 1 e 2 è uguale tra 6 e 7 o 1943 e 1944.
Ma questo modo di dividere i numeri in termini geometrici costanti è stata una conquista del sapere umano. Non è per così dire nata con noi. E tutto sommato una conquista recente. L'Homo Sapiens per quanto ne sappiamo dovrebbe esistere da 200.000 anni. Mentre la divisione dei numeri in forma costante geometrica, sempre per quanto ne sappiamo, a spanne dovrebbe avere poco più di 2000 anni. In altri termini possiamo dire che probabilmente usiamo una divisione numerica geometricamente costante dall'1% del tempo che esistiamo come ultima mutazione della nostra specie su questo pianeta.
Io aggiungerei anche che in termini esperienziali, la distanza tra il primo ed il secondo dito è molto maggiore che tra il secondo ed il terzo.
Cosa possiamo imparare da questa scoperta? Che percepiamo le distanze tra i numeri in modo prospettico, o comunque distorto più che lineare.
E quindi, purtroppo per noi, la nostra percezione istintiva, o per così dire naturale, sia delle grandezze, che delle distanze e del tempo è distorta, molto distorta, e grossolanamente approssimativa, (altro che usare l'istinto come suggeriscono certi libri).
Ecco poi mi capita che quando trovo una risposta ad una domanda chiave, poi la ritrovo continuamente in altre situazioni.
Esempi di come sbagliamo le valutazioni ne è pieno il libro "Trappole Mentali" di Matteo Motterlini.
Alcuni esempi interessanti sono anche nel libro 59 Secondi di Richard Wiseman.
Uno l'ho letto di recente nel libro di Piergiorgio Odifreddi, "Incontro con menti straordinarie".
Perché ci abbiamo messo così tanto tempo per accorgerci di questo? Io credo perché in natura trovare una segmentazione uniforme e ripetitiva è cosa assai difficile da trovare.
Bene abbiamo appena capito che non possiamo fare affidamento sulla stima fatta in modo intuitivo, o per così dire a mente. Ma abbiamo bisogno di trovare un modo per misurare correttamente, per valutare, determinare, stimare i tempi e le distanze che ci separano dai nostri obiettivi.
Quindi riprendendo quanto affermava Anthony Robbins ora posso dire che il motivo per il quale spesso (se non sempre) sbagliamo di valutare quello che possiamo fare:
- in 1 anno, sopravvalutandoci;
- in 2, 3, 5, 10 anni, sottovalutandoci;
é causato dalla come percepiamo visivamente le distanze, pertanto le grandezze e il tempo.
Pertanto il mio consiglio è quello di prendere carta e penna, e armati di una discreta matematica, buttare giù una serie di semplici conti, per valutare e stimare modo più analitico.
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07/01/2022 data pubblicazione seconda edizione.
14/03/2012 Prima edizione
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