Top

HIDE

Snippets NO!

FALSE

Pagine

La vita è degna o no di essere vissuta? Perché questa domanda è una violazione linguistica.

"La vita è degna o no di essere vissuta?"   IN SINTESI. "La vita è degna o no di essere vissuta" è una vi...


"La vita è degna o no di essere vissuta?" 

IN SINTESI.

"La vita è degna o no di essere vissuta" è una violazione linguistica, perché non esplicita, cioè nasconde, chi è responsabile di cosa e crea paradossi logici che spiego nella parte di dettaglio di questo articolo. 

Come correggere questa frase? "io sto vivendo degnamente oppure no?"

La seconda domanda ci orienta subito a valutazione noi stessi, obbligandoci a prendere la responsabilità delle nostre azioni. Ci fa riflettere sulle stesse e su come possiamo agire diversamente. Perché migliorando noi stessi otterremo maggiore soddisfazione (da cui deriva soddisfatto, so-ddis-fatto = so di aver fatto) e attribuirci un senso (significato) di dignità (essere degni).

Voglio far notare che quando decidiamo di agire di vivere in modo degno in base alle nostre scelte e credenze ci sentiremo contenti. Perché? Perché contento (con-tento) significa insieme - [sottointeso alla sensazione positiva che si prova] - nel tentare

IN DETTAGLIO.

Se ti sei fatto o ti è capitato di ascoltare la domanda, "La vita è degna o no di essere vissuta?" vediamo di capire perché la domanda è sbagliata



Prima di affrontare una eventuale risposta, bisogna domandarsi se la domanda è corretta, e questa domanda non lo è sicuramente dal punto di vista linguistico (del logos e della logica).

Perché la vita non è un soggetto ma un nostro concetto di astrazione. Possiamo tentare di renderla soggetto attraverso un'astrazione di pensiero, solo che le conseguenze genereranno, come vedremo, paradossi logici.

Partiamo dal presupposto che il linguaggio è performativo, cioè tende a formare ciò in cui crediamo, quindi a cambiare come noi osserviamo la realtà. Dobbiamo dunque domandarci, in termini pragmatici, l'effetto che produce l'aver astratto il concetto di "vita" come soggetto? 

L'uomo ha TENTATO di definire che cosa è vita molte volte nella propria storia.

I ricercatori della NASA si sono posti molto spesso questa domanda per sviluppare tecnologie per andare in cerca della vita nell'universo. Ed i risultati sono, direi, scadenti. Perché? 

Ti faccio un semplice esempio. Se cercassimo di definire "VITA" come qualcosa che cresce, ci accorgeremmo ben presto che è una proprietà anche dei "cristalli". Crescono anche le montagne, le stalagmiti e le stalattiti, anche i vulcani, e pare crescano anche i buchi neri.

E così per ogni definizione che:

  • pensatori, 
  • filosofi, 
  • accademici, 
  • scienziati, 
abbiano, negli anni, tentato di "attribuire a VITA" intesa come organica, gli stessi hanno poi trovato che le stesse definizioni potevano essere associate anche a elementi inorganici. 

Detto ciò, torniamo, alla questione meramente LINGUISTICA.

Verificato che attribuire a VITA un soggetto implica sapere che cos'è vita (e non lo sappiamo) e verificato che questo sapere è molto sfuggente in termini

  • pragmatici (cioè dell'effetto che hanno le parole) e
  • performativi (cioè come diamo forma alle nostre credenze attraverso le definizioni che diamo alle parole),
possiamo affermare, almeno LINGUISTICAMENTE, che VITA non è un soggetto, perché come soggetto non la incontri per strada, non ci parli. 

O meglio, se usciamo per strada incontriamo l'effetto della vita, cioè possiamo incontrare persone vivaci, una società vivace, non la VITA in sé. Vedremo perché è fondamentale fare questa distinzione.

NON essendo un soggetto, possiamo affermare con certezza che il seguito della frase "è degna" è priva di significato e quindi è una violazione linguistica

C'è un altro elemento che ci aiuta a comprendere perché il termine VITA ci inganna in termini LOGICI (logos = parola) fino a cadere in errore e in paradossi. 

In tal senso, dobbiamo ricordarci una importante regola appresa attraverso lo studio della LOGICA insiemistica in matematica. Cioè 

[…] un assioma fondamentale della teoria dei tipi logici è il seguente: “qualunque cosa presupponga tutti gli elementi di una collezione non deve essere un termine della collezione”, come sostengono Whitehead e Russell nella loro opera monumentale Principia Mathematica. Dovrebbe essere subito chiaro che il genere umano è la classe di tutti gli individui, ma non è esso stesso un individuo. Qualunque tentativo di trattare l’uno nei termini dell’altro è destinato a generare confusione e paradossi. 

Ne consegue che, se VITA presuppone tutti gli elementi di ogni essere vivente, non può essa stessa essere un essere vivente. Altrimenti, come accade di fatto, questo tentativo genererebbe confusione e paradossi logici. 

Anche attraverso la LOGICA abbiamo dimostrato che la VITA NON PUÒ ESSERE UN SOGGETTO.

Considerando che la "Pragmatica della Comunicazione umana" ci insegna che la comunicazione ha effetti sulla psiche, sul corpo e sulle azioni, ritengo assolutamente importante CORREGGERE la frase "La vita è degna o no di essere vissuta?" 

CORREZIONE PROPOSTA.

Usando la Comunicazione Assertiva, la quale implica il dover esprimere il soggetto, attribuendoci la "responsabilità" di ciò che affermiamo o domandiamo, potremmo correggere la frase così: 

"Io sto vivendo degnamente oppure no?"

Come puoi notare, cambia completamente significato domandarsi se "la vita è degna di essere vissuta" rispetto a "io sto vivendo degnamento oppure no?"

Con la prima domanda "la vita è degna di essere vissuta?" potremmo commettere l'errore di credere che esista un qualcosa di esterno a noi, chiamandolo "VITA", a cui attribuire la responsabilità dell'efficacia o inefficacia di come stiamo vivendo in quel momento, assolvendo così noi stessi ed il nostro comportamento inefficace. 

Questo paradosso logico non ci fornirebbe gli strumenti cognitivi fondamentali per accorgerci che, cambiando comportamento o approccio, potremmo ottenere maggiore soddisfazione e un senso di "dignità".

Mentre la seconda domanda "io sto vivendo degnamente oppure no?" orienta subito la nostra capacità di valutazione verso noi stessi, obbligandoci a prendere la responsabilità delle nostre azioni. 

Ci fa riflettere sulle stesse e su come possiamo agire diversamente. Perché migliorando noi stessi otterremo maggiore soddisfazione (da cui deriva soddisfattoso-ddis-fatto = so di aver fatto) e attribuirci un senso (significato) di dignità (essere degni).

Voglio far notare che quando decidiamo di agire di vivere in modo degno in base alle nostre scelte e credenze ci sentiremo contenti. Perché? Perché contento (con-tento) significa insieme al tentare. E nel dettaglio presuppone: sei insieme a quella sensazione positiva che si prova quando si tenta. Ove il suo contrario è quella sensazione negativa che si prova quando non si tenta.

Aggiungo anche come usava dire il formatore americano Jim Rohn:

Per avere di più di quello che hai, devi diventare di più di quello che sei.
Se non cambi quello che sei, avrai sempre quello che hai.

O come preferisco dire io:

Nuove Abitudini, Nuovi Risultati!

Nessun commento